In ambiente interno ed esterno, le componenti della qualità dell’illuminazione sono determinate sulla base dell’acutezza, del comfort e dell’ambiente visivo. L’acutezza visiva comprende il livello d’illuminazione e la limitazione dell’abbagliamento. Il comfort visivo determina la resa cromatica e una distribuzione armonica della luminosità. All’ambiente visivo sono legati colore e direzione della luce.
L’acutezza visiva è determinata dal livello di illuminazione. È influenzata dall’intensità luminosa e dalle caratteristiche di riflessione di una superficie illuminata, perché, minore è la riflessione, maggiore deve essere l’intensità luminosa. Una parete bianca mostra un grado di riflessione massimo dell’85%, una facciata in mattoni rossi invece avrà un grado di riflessione massimo del 25%. Per compensare una ridotta acutezza visiva, occorre aumentare l’intensità luminosa.
Il valore di manutenzione definisce il valore medio dell’intensità luminosa su una superficie di valutazione. Nel corso di vita di un sistema di illuminazione, invecchiamento, e influssi ambientali possono alterare lampade, apparecchi e ambienti. L’intensità luminosa si riduce e tale riduzione è descritta dal valore di manutenzione. Per compensarla, i nuovi impianti dovrebbero mostrare valori di illuminazione più elevati.
Valore di manutenzione = fattore di manutenzione x valore a nuovo
Il fattore di manutenzione dipende dal tipo di lampada, dall’apparecchio, dalla sporcizia, dall’ambiente, e dagli intervalli di manutenzione.
In un ambiente pulito, come ad esempio un ufficio con un ciclo di manutenzione di tre anni, può essere calcolato un valore di 0,67 e in una stanza sporca il valore invece sarebbe pari a 0,5. La superficie sulla quale si deve realizzare l’illuminamento è impiegata come superficie di calcolo. In un ufficio, la misura viene effettuata da un altezza di 0,75 m dal pavimento. Nelle zone di transito invece, ad un’altezza massima di 0,1 m. I necessari valori di manutenzione dell’illuminamento sono definiti, per postazioni di lavoro interne, per diversi tipi di locale e per diverse attività, dalla norma DIN EN 12464-1, mentre per le postazioni di lavoro esterne occorre osservare la norma DIN EN 12464-2.
La luminanza descrive l’impressione di luminosità percepita dall’occhio umano quando osserva una superficie luminosa o illuminata. La luminanza L è misurata in candela per metro quadrato [cd/m2]. L’intensità luminosa è messa in relazione con una superficie illuminata o luminosa. Per la valutazione della qualità dell’illuminazione stradale, il calcolo dell’intensità luminosa è obbligatorio. A seconda delle caratteristiche di riflessione, definite dalla norma, del rivestimento della carreggiata e della definizione della posizione dell’osservatore, il calcolo della luminanza è una parte integrante della progettazione dell’illuminazione stradale.
Lo strumento ausiliario di progettazione “Licht für Europas Straßen” (Luce per le strade europee) regola l’illuminazione di strade, vie e piazze in conformità alla norma DIN EN 13201. Esso mostra che l’aumento della luminanza, per esempio da 1 cd/m2 a 2 cd/m2, riduce il tasso di incidenti di circa un terzo.
Diversi flussi luminosi, diverse distribuzioni della luce degli apparecchi oppure diverse geometrie dell’illuminazione influenzano l’illuminazione di una strada. Un ulteriore fattore importante è la proprietà di riflessione di una superficie stradale. Per valutare con precisione la luminanza della carreggiata, è necessario selezionare un tratto di carreggiata con lo stesso comportamento di riflessione. Si utilizzano una distanza tra gli apparecchi rappresentativa, con due apparecchi, e un punto di osservazione di 1,5 m al di sopra della linea di mezzeria della carreggiata.
Suggerimento: Strada privata: 7,5 lx Strada principale: 1,5 cd/m2 Parcheggio: 15,0 lx
La luce definisce lo spazio che ci circonda. Luci e ombre definiscono la struttura dello spazio. Gli oggetti appaiono plastici e le superfici sono definite. L’interazione tra luci e ombre ci permette di determinare le distanze e le dimensioni. Spazi facilmente riconoscibili e visivamente percepibili ci trasmettono una sensazione di sicurezza. Due sono gli estremi dell’illuminazione che non possono essere ignorati: la luce diffusa, che non crea alcuna ombra e la luce diretta, che crea forti ombre.
Con la luce diffusa, l´ambiente appare monotono. Oggetti e dimensioni sono difficilmente riconoscibili.
Con una luce estremamente diretta, i singoli elementi dello spazio sono molto accentuati e creano ombre forti e ricche di contrasti. Lo spazio restante rimane non illuminato. Entrambe le situazioni possono creare disagio e insicurezza,
mentre una combinazione equilibrata definisce le dimensioni dello spazio e conferisce plasticità agli oggetti. Per questo motivo si progettano numerosi apparecchi che coniugano componenti di illuminamento diretto e indiretto, ampliando sensibilmente la loro gamma di applicazione.
L’illuminazione direzionale può essere utilizzata quando è necessario sottolineare oggetti, superfici o persone. Solo la luce direzionale rende le superfici visibili. Per evitare errori, affaticamento e incidenti, è importante limitare l’abbagliamento. Ciò vale in particolare per l’angolazione al di sopra della linea orizzontale del campo visivo.
Il grado di abbagliamento causato dagli apparecchi di un sistema di illuminazione esterna, è denominato “valore di abbagliamento” GR (Glare Rating).
Legame tra valori GR e giudizio sull’abbagliamento:
Valore GR: Giudizio sull’abbagliamento 80 - 90: intollerabile 60 - 70: fastidioso 40 - 50: appena accettabile 20 - 30: percettibile 10: impercettibile
L’abbagliamento deriva da superfici luminose nel campo visivo e può essere percepito come abbagliamento psicologico o fisiologico. L’abbagliamento causato da riflessi su superfici specchiate è generalmente noto come riflessione-velo o abbagliamento riflesso.
Il riverbero e gli abbagliamenti diretti, sono causati da superfici brillanti nel campo visivo e sono considerati come fattori di disturbo,
Sono da considerare abbagliamenti riflessi disturbi come ad esempio apparecchi di illuminazione o finestre con un’elevata luminanza. Ciò si verifica spesso su strade asfaltate bagnate, carta lucida o schermi di visualizzazione.
Con la giusta selezione degli apparecchi e la loro corretta disposizione negli edifici o all’aperto, è possibile evitare tali disturbi. Per calcolare un abbagliamento riflesso su una superficie lucida orizzontale, si definisce il fattore di resa del contrasto CRF (Contrast Rendering Factor) attraverso un software. Un ufficio mostra normalmente un valore minimo di CRF = 0,7, nel caso di lavori su materiali molto lucidi è necessario partire da un valore superiore.
Oltre alla riduzione delle luminanze, che si rispecchiano nelle superfici lucide, è possibile modificare la disposizione, minimizzando la superficie specchiata. A seconda del grado di abbagliamento diretto o riflesso, può verificarsi un abbagliamento fisiologico o psicologico. L’abbagliamento fisiologico comporta problemi di percezione attraverso la riduzione della performance visiva. Il riconoscimento delle forme e la percezione della profondità si complicano.
L’abbagliamento psicologico invece non è quantificabile dal punto di vista tecnico di misurazione. Solo la percezione del singolo individuo è decisiva e vincolante per la valutazione. I sintomi possono essere disagio, insicurezza e stanchezza. Per garantire che simili effetti non si verifichino, è necessario evitare l’abbagliamento, in particolare al di sopra della linea orizzontale del campo visivo.
La valutazione di tale abbagliamento fisiologico viene effettuata utilizzando l’incremento percentuale del valore di soglia (TI, Threshold Increment). Questo processo indica il valore percentuale del quale la soglia visiva, e pertanto la differenza di luminanza, è aumentata attraverso l’abbagliamento.
Nel caso di un’illuminazione stradale priva di abbagliamento, l’occhio si adatta alla luminanza media della carreggiata. Un oggetto sulla carreggiata è ancora visibile se mostra una differenza di luminanza rispetto all’ambiente che lo circonda.
Se un autista è disturbato da una luce abbagliante nel suo campo visivo, tale abbagliamento genera nell’occhio una luce diffusa che si colloca sulla retina come un velo. La cosiddetta “luminanza velata” richiede un maggiore adattamento nell’occhio, in presenza della stessa luminanza della carreggiata. In questo modo l’oggetto diventa invisibile, il che può causare situazioni di pericolo nel traffico stradale.
La norma DIN EN 13201-3 descrive la relativa formula di carico per il “Threshold Increment” (soglia di incremento). Per strade a elevata percorrenza, si raccomanda di aumentare il valore di soglia TI di max. 10%, per le strade a minore percorrenza è necessario un TI del 15% - 20%.
Per le illuminazioni di interni, l’abbagliamento psicologico è definito attraverso il processo UGR (Unified Glare Rating). Alla base di esso vi è una formula di abbagliamento che considera tutti gli apparecchi dell’impianto che comportano un’impressione di abbagliamento. Per poter effettuare una valutazione unitaria, si utilizzano tabelle UGR messe a disposizione dagli stessi produttori di apparecchi
La luce solare contiene tutti i colori visibili all’uomo. Per le lampade, vi sono diverse proprietà di resa cromatica. Per poterle definire, il valore CRI misura la resa cromatica. Maggiore è il valore, migliore è la resa cromatica. Di conseguenza il CRI 100 è il valore ottimale con il quale tutti i colori sono riprodotti naturalmente.
L’uomo percepisce il suo ambiente non solo come chiaro e scuro, luce e ombra, ma anche attraverso i colori.
La denominazione dei colori delle lampade è composta da tre cifre. La prima cifra caratterizza la resa cromatica, la gamma CRI, la seconda e la terza cifra, la temperatura di colore in Kelvin.
Gli stati d’animo e l’umore delle persone possono essere influenzati attraverso colori caldi o freddi. Nell’interazione tra colore e oggetti illuminati (grado di riflessione spettrale) si determina la percezione del colore.
I colori della luce caldi (fino a ca. 2900 K) rilassano e creano una sensazione di benessere. I colori freddi invece posseggono un´elevata percentuale di blu (oltre 3300 K) e sono vitali. Essi sono utilizzati in luoghi nei quali sono necessarie concentrazione e oggettività.
Temperatura di colore in Kelvin (K): bianco caldo: <3300 K bianco neutro: 3300 - 5300 K bianco luce diurna: > 5300 K
Poiché la luce di lampade con uguale colore della luce può mostrare una composizione spettrale molto diversa, non è possibile dedurre dal colore della luce di una lampada la qualità della sua resa cromatica. Il diagramma di cromaticità definito dalla commissione internazionale per l’illuminazione CIE, mostra in che modo si debbano classificare le fonti luminose e i colori.
Con x = y = 0,333 vi è mancanza di colore, ossia con una forte illuminazione, il bianco acromatico, mentre senza illuminazione il grigio o il nero. Attorno a questo punto incolore vi sono altri punti colorati. Sulle linee rette tra i punti cromatici e la curva di limitazione vi sono tutti i colori spettrali della luce solare, oltre ai colori con lo stesso tono che in direzione della curva di limitazione guadagnano in saturazione. Nel triangolo colorimetrico sono pertanto contenuti tutti i colori reali. La curva di Planck descrive i colori del “corpo nero” con i citati valori di temperatura in Kelvin.